Se chiudo gli occhi… di Mannocchi e Brisly, ed. Round Robin

[da Le letture di Katija, Pubblicato il 21 gennaio 2019]

Voglio raccontarvi la mia esperienza con un bellissimo libro illustrato intitolato “Se chiudo gli occhi“, nato dalla collaborazione di Francesca Mannocchi e dall’illustratrice siriana Diala Brisly.

Desidero partire dall’introduzione, una pagina intensa e piena di significato che mi ha colpito molto e che inizia così… “Diala ha nelle mani delle armi molto potenti: le sue armi sono i colori. Sono armi che possono smuovere il mondo, ma non possono ferire nessuno. Sono le armi della fantasia e della curiosità”.

Ho letteralmente rubato queste “parole” perché non ho trovato espressioni migliori per descrivere l’incontro con questo libro.

Diala Brisly fa parte di quei tantissimi siriani costretti a lasciare la loro terra, in fuga dalla guerra. Diala porta con sé in terra straniera il ricordo della sua Siria, la memoria dei suoi cari e la nostalgia per quello che è stato e non sarà più. Lei è un’artista, una illustratrice, ama disegnare più di ogni altra cosa, e ha sentito l’esigenza di condividere il suo dono per alleviare il dolore dei bambini siriani ospiti nei campi profughi in Libano.

Le tende, fredde e inospitali, diventano così teatro dei sogni perduti, spazi dove i ricordi sono liberi di fluttuare, in un mondo che li ha scacciati dalle loro case e dalle loro scuole. Solo attraverso l’istruzione il mondo sarà migliore. I bambini raccontano con i disegni il loro disagio, la guerra, il dolore della perdita ma il loro più grande rimpianto resta la perdita al diritto allo studio, anni preziosi perduti per sempre insieme ai sogni ormai irrealizzabili. Quando ad un bambino viene negata la possibilità di accedere ad una scuola, e di conseguenza alla conoscenza, gli viene precluso il futuro.

Diala dà forma e colore alle loro storie, dà voce al loro grido d’aiuto: reclamano la loro infanzia, la loro casa, il loro passato.

Le quattro storie contenute in “Se chiudo gli occhi” sono il presente di Jasmine, Ahmed, Aya e Mohammed. Bambini costretti a vivere il lutto e il peso della perdita di un familiare, bambine strappate ai loro giochi per sposarsi troppo presto per aiutare la famiglia, ragazzi costretti alla fuga e alla solitudine dopo aver perso tutto, giovani con tanti sogni nel cassetto sfruttati e costretti a lavorare.

Storie vere raccolte da Francesca Mannocchi nei campi profughi in Libano che prendono vita nei disegni di Diala; illustrazioni vivide e malinconiche che esprimono alla perfezione il questi bambini, protagonisti loro malgrado.

I disegni, stilizzati, a tratti accennati, riempiono le pagine e costringono il lettore a soffermarsi sullo sgomento di uno sguardo o la dolcezza di una carezza. Lo stile marcato delle linee, e l’uso sapiente dei colori rendono bene l’idea del racconto, sottolineando i passaggi più importanti.

Il libro si mangia con gli occhi, il racconto accompagna le illustrazioni che si fanno via via sempre più vivide, toccanti. La scrittura di Francesca Mannocchi semplice e diretta, ricalca le espressioni dei bambini, si fa portavoce del loro messaggio di pace, ricordando al lettore che solo attraverso la conoscenza è possibile difendersi dalla barbarie della guerra.

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